Salvatore e Gennaro Aprea, con il loro lavoro, collaborano per garantire alti standard qualitativi e ampia scelta alla clientela del Ristorante da Tonino

In questo secondo appuntamento alla scoperta del Ristorante da Tonino, approfondiamo un po’ meglio la cucina dello chef Salvatore Aprea. Salvatore inizia fin da giovane a collaborare al ristorante di famiglia e, dopo il diploma alberghiero, accumula una serie di esperienze in tutta Italia con lo scopo di migliorare le sue capacità, per poter tornare alle origini ed impiegare nell’attività di famiglia le conoscenze acquisite.

La volta scorsa abbiamo parlato del tuo stile di cucina, che fonde tradizione e modernità. Ora ti chiediamo: c’è una ricetta a cui ti senti più legato?

“Si, più d’una. Innanzitutto il tortello ripieno di cacio e pepe con sugo di cozze e lime, un piatto che non ho mai tolto dal menù, e che ad oggi credo sia diventato quello più rappresentativo del ristorante. Altro piatto fisso in menù è il coniglio ripieno di melanzane e scamorza; anche in questo caso unisco il coniglio, ingrediente che fa parte della tradizione isolana, ad ingredienti campani come le melanzane e la scamorza, e poi aggiungo una salsa al curry, ingrediente decisamente al di fuori dei nostri schemi culinari, ma il cui accostamento crea quel “cortocircuito” di sapori che voglio restituire. La presenza fissa di questi due piatti nel menù non è casuale: credo che sia necessario offrire al cliente una sorta di “comfort zone” che lo metta a proprio agio e, al contempo, proporgli novità che gli permettano di sperimentare nuovi gusti e sapori”. 

Parliamo della location del ristorante da Tonino. Quali sono le sue caratteristiche e quali credi siano i suoi punti di forza?

“Anche la nostra location esce un po’ fuori dai soliti canoni isolani: non è un locale prettamente marinaro, trovandosi in una zona collinare, anzi è quasi più vicino all’aspetto di una baita di montagna. All’interno la capienza è di circa 45 coperti; ovviamente, per garantire il distanziamento come da normativa, l’anno scorso è stata dimezzata, e quest’anno ancora non sappiamo se e quando si potrà riaprire all’interno. Ma all’esterno abbiamo due splendidi terrazzi che, insieme, raggiungono una capienza di 45/50 coperti, che purtroppo calano di circa il 40% in periodo covid. Comunque sia, anche in tempi normali, cerchiamo, per non svantaggiare la qualità, di non occupare tutti i coperti, così da concentrarci su pochi clienti per offrirgli un servizio impeccabile”.

Un progetto innovativo e interessante collaterale all’attività del ristorante è quello della vostra cantina. Ti va di raccontarcelo? 

“La nostra è una delle più grandi cantine dell’isola come numero di etichette, oggi ne conta all’incirca 2300, ed ha la peculiarità di essere scavata direttamente nella roccia. Contempla di tutto: dalle grandi annate, con bottiglie degli anni ’80 e anche più vecchie, fino a vini di piccoli produttori di nicchia regionali, campani ma anche del resto d’Italia. Vi sono poi distillati come grappe, whisky e rum; insomma dietro vi è molta ricerca, grazie soprattutto a mio fratello Gennaro che la segue. E’ il fiore all’occhiello del ristorante; anzi, potremmo dire che la cucina e la cantina vanno di pari passo: in entrambi i progetti cerchiamo di offrire uno standard qualitativo alto e, al contempo, una grande varietà di proposte. Così, se il ristorante spazia dalla cucina di terra a quella di pesce fino a quella vegetariana, in cantina c’è sempre il vino giusto da abbinarvi”.