Lo chef Salvatore Aprea trova nella sua cucina il giusto mix fra sapori della tradizione e modernità

Modernità e tradizione: due aspetti solo apparentemente antitetici, che in realtà convivono in moltissimi frangenti della nostra esistenza. Senza la conoscenza del passato non avremmo alcuna base da cui partire per progettare il nostro domani; ma, senza uno sguardo rivolto al futuro, ci mancherebbe la gioia di provare esperienze ed emozioni sempre nuove.

Modernità e tradizione possono convivere anche in cucina. E’ con Salvatore Aprea, chef e proprietario del Ristorante da Tonino a Capri, che parliamo di come questi due aspetti riescano a convivere egregiamente nei suoi piatti.

Qual è la storia del Ristorante da Tonino e in quale momento subentri come protagonista?

“Il Ristorante da Tonino viene fondato da mio padre nel 1993. Fin dall’inizio, l’attività da lui avviata si contraddistingue per una cucina legata alla tradizione napoletana; gradualmente, però, cercava anche di proporre qualcosa di più ricercato, basandosi sempre e comunque su prodotti locali e di qualità. Fin quando, nel 2013, non siamo passati io e mio fratello Gennaro alla conduzione del ristorante. Oggi continuiamo a proporre ai clienti una cucina legata al territorio: dietro c’è tanto lavoro di ricerca di prodotti di qualità e abbinamento degli stessi, con l’obiettivo di offrire piatti sempre vari nei nostri menù”. 

Insomma, potremmo dire che sei un “figlio d’arte” che, col tempo, ha saputo intraprendere la sua personale strada. Qual è oggi la tua idea di cucina?

“Il Ristorante da Tonino è essenzialmente un locale a carattere stagionale; prima della pandemia eravamo aperti da marzo/aprile fino a novembre/dicembre; durante questi mesi di apertura, cambiavamo menù tre volte l’anno, secondo le stagioni. Ciò che vogliamo è proporre una cucina gourmet, ed è per questo che sono sempre alla ricerca di nuovi accostamenti di sapori; anche cercando prodotti del territorio e combinandoli ad altri particolari, che fuoriescono dai nostri tradizionali orizzonti gastronomici”.

In questi tuoi processi di sperimentazione, ti piace anche giocare con la cucina tipica di Capri?

“Dipende. Alcune ricette della tradizione rimangono per me intoccabili, come i ravioli capresi, un piatto a cui tengo molto, con caciotta e maggiorana, rigorosamente senza aggiunta di mozzarella. In altri casi, invece, mi diletto nel reinventare anche ricette celebri della tradizione: come la torta caprese, nostro dolce tipico, con la quale abbiamo giocato rielaborandola in un tortino di mandorle con cuore morbido di cioccolato, che serviamo caldo al momento. Un ingrediente che uso spesso nei miei piatti sono le quaglie, prodotto storico della cucina caprese; sembra un po’ strano essendo Capri un’isola, e invece è un ingrediente strettamente connesso alla tradizione di cacciatori che la abitavano. Esattamente come la cicerchia, proveniente dal mondo contadino, un legume di cui prima Capri era ricco e che mi piace tenere sempre in menù per impiegarlo, di volta in volta, in modo differente nei miei piatti”.